Il nostro cuore è una grande orchestra, dunque per generare quella sinfonia che caratterizza il ritmo cardiaco regolare occorre che i cardiomiociti componenti il nodo seno atriale operino il loro ruolo di direttori d’orchestra,mentre tutti gli altri gruppi cellulari del sistema di conduzione e contrazione cardiaca,quello di strumentisti. La perdita del direttore o di uno strumento può infatti sbilanciare il gruppo musicale portando alla cacofonia sintomatica di un ritmo irregolare.
Sotto questa similitudine artistica si cela in realtà un importante manifestazione clinico – patologica, delle cui basi sintomatologiche non sarebbe inopportuno essere istruiti pur non essendo medici,visto che il tema trattato è correlato alla morte cardiaca improvvisa (MCI) del 50% dei soggetti con patologia cardiaca.
Si definisce aritmia un’alterazione della frequenza,della regolarità,della sede di origine dello stimolo cardiaco o un disturbo di conduzione dello stesso,per cui la cronologia normale dell’attività del cuore risulta alterata. La prima regola per valutare un’aritmia è quella di ispezionare il soggetto che si ha di fronte.
Un paziente si definisce tachicardico se la sua frequenza supera i 100 bpm,mentre il termine tachiaritmia indica che il ritmo cardiaco supera i 100 bpm (e dunque è irregolare). Però indipendentemente dalla frequenza, ci si deve allarmare quando il paziente presenta segni e sintomi di instabilità quali: pallore,cute sudata e fredda,dolore toracico,stato mentale alterato (confuso,letargico,soporoso o anche molto agitato),mancanza di respiro.
Le tachicardie possono essere clinicamente classificate in 3 gruppi:
- ARITMIE DA ATTIVITÀ ECCITATA: in questo gruppo rientra la tachicardia sinusale che può manifestarsi fisiologicamente,a seguito di stress fisico e psichico (quando siamo agitati, quando andiamo a correre o quando siamo spaventati),oppure, può essere patologica (per esempio quando abbiamo la febbre).
- ARITMIE DA RIENTRO: flutter e fibrillazione atriale e ventricolare e tachicardia parossistica sopra ventricolare;sono tutte forme pericolose,ma in particolar modo la fibrillazione ventricolare è una forma di arresto cardiaco,in cui il soggetto che si ha di fronte spesso non parla ed è classicamente pallido,sudato e freddo,ma sta per morire.
- ARITMIE DA AUMENTATO AUTOMATISMO: tachicardia atriale ectopica monofocale e multifocale,tachicardia giunzionale ectopica,ritmo idioventricolare, tachicardia ventricolare monomorfa e polimorfa (tutti termini che descrivono la forma del QRS sul tracciato ECG); sono forme molto meno pericolose.
Un paziente si definisce bradicardico se la sua frequenza è al di sotto di 60 bpm; la sintomatologia riscontrata da questi soggetti differisce a seconda del tipo di bradicardia. Sulla base della forma del QRS possiamo distinguere:
- BRADICARDIA SINUSALE: è asintomatica e non richiede un trattamento d’urgenza,in quanto può essere osservata anche in condizioni fisiologiche nell’atleta (come il maratoneta che può avere anche 40 di frequenza basale) o nell’ipertono vagale (come ad esempio a seguito di un importante stimolo doloroso),mentre in alcuni casi può essere determinata da farmaci (beta-bloccanti, digitalici, calcio-antagonisti).
- BLOCCO ATRIO-VENTRICOLARE DI I GRADO: di solito è asintomatico e non ha significato patologico, dunque non richiede trattamento.
- BLOCCO ATRIO-VENTRICOLARE DI II GRADO DI TIPO MOBITZ II: è un’aritmia pericolosa perché può evolvere anche in una fibrillazione ventricolare,dunque il paziente va trattato subito.
- BLOCCO ATRIO-VENTRICOLARE DI II GRADO DI TIPO MOBITZ I: la frequenza cardiaca è discreta,il paziente è asintomatico e non richiede trattamento.
- BLOCCO ATRIOVENTRICOLARE DI III GRADO: il paziente accusa senso di astenia,fame d’aria, affaticamento sotto stress,sensazione di testa vuota e capogiri,vista annebbiata,momentanee perdite di coscienza;ha bisogno urgentemente di un pacemaker.
L’aritmia cardiaca e soprattutto la sopracitata fibrillazione ventricolare è il principale fattore responsabile di arresto cardiocircolatorio (ACC),che una volta manifestatosi,vede diminuire rapidamente le possibilità di vita del soggetto,le quali si dimezzano progressivamente a ogni minuto dall’evento.
FONTE:
(Claudio Rugarli – Medicina Interna Sistematica, John R. Hampton – L’ECG nella pratica clinica)
Articolo scritto da Trifone Corso